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Con il presente articolo continuiamo il viaggio
di conoscenza, in tre puntate, all'interno di alcuni progetti, realizzati
e da realizzare, che interessano la storia antica dell'Italia e
della Turchia.
Ci accompagneranno due amici appassionati di storia e della cultura
italiana e turca: uno italiano, Ugo Silvello e una nostra connazionale,
Emel Ege.
Al centro di questo viaggio ci sono L'Iliade
e le vicende della città di Troia, narrate da Omero.
Partendo da quelle narrazioni epiche, sull'onda delle scoperte di
H. Schliemann nell'800, ponendo attenzione alla verosimiglianza
storica di molte notizie tratte dall'Iliade, sono nati, sono stati
realizzati e stanno nascendo dei progetti che uniscono la leggenda,
la storia antica e la storia recente dell'Italia e della Turchia.
Con questi progetti la storia è diventata e sta diventando una bella
occasione di dialogo non solo tra addetti ai lavori, ma anche tra
le genti e le istituzioni di due nazioni antiche affacciate sul
Mediterraneo: la Turchia e l'Italia.
Terza parte
Gli sviluppi
del Progetto Paflagonia:
dal progetto Paflagonia al progetto Anatolia
"ITALIA - TURCHIA
un dialogo antico
come la storia dei popoli
mediterranei"
Le idee a volte sembrano avere
piedi per
camminare ed ali per volare…ed il progetto
Paflagonia, dopo la conclusione del viaggio,
ha continuato a vivere e ad evolversi
Il depliant elaborato dalla provincia
di Padova per presentare e pubblicizzare il "Progetto Anatolia"
Nasce un accordo
tra la provincia di Bartin e la provincia di Padova
Qualche mese dopo la conclusione del viaggio,
a Cittadella, Padova, Italia, venne organizzata una serata, presso
il Rotary, per raccontare il viaggio agli invitati del Rotary (che
aveva sostenuto in prima persona l'iniziativa), del Lyons e del Panatlon.
Erano presenti anche rappresentanti della Provincia di Padova con
il suo Presidente Vittorio Casarin.
Fu in quella occasione che venne lanciata l'idea di continuare la
collaborazione tra Bartin e la provincia di Padova. Dopo numerosi
contatti nacque l'idea di stipulare un protocollo di collaborazione
tra le due province con scopi legati ad interventi archeologici, culturali,
turistici e commerciali.
Protocollo di intesa tra Padova e Bartin.
A destra la mitica tomba di Antenore davanti alla sede della Provincia
di Padova
In quella fase emerse che un'altra
realtà culturale padovana aveva già un progetto in atto con la Turchia:
era l'Università di Padova. L'Università, in particolare la facoltà
di storia ed archeologia, con la guida del prof. Guido Rosada, docente
di topografia antica, aveva in atto uno scavo archeologico presso
l'antica Tyana, ora Kemerishar, in provincia di Nidge, in Cappadocia
(zona centro meridionale della Turchia).
I due progetti furono abbinati, per quanto concerneva i rapporti con
la provincia; venne costituito un Comitato Tecnico Scientifico che
si riunì e si riunisce periodicamente; venne creato un nuovo LOGO;
venne dato all'insieme delle due iniziative il nome di "PROGETTO
ANATOLIA".
Interno del depliant del Progetto Anatolia
elaborato dalla provincia di Padova
Il LOGO spiegato
Tomba di Antenore
Situata davanti al Palazzo della Provincia di Padova,
nella piazza che prende il suo nome. E' uno dei simboli forti della
città di Padova. Ricorda il mito-leggenda-storia del capo troiano
Antenore, mitico fondatore della città.
Qui diventa simbolo sia della storia dei Veneti Antichi per le vicende
narrate da Omero a cui si sono collegati, in epoca romana, Tito Livio
e Virgilio.
Monumento stradale
di Caio Giulio Aquila, a Bartin.
E' stato scelto per la sua significatività,
perché rappresenta l'idea del viaggio (forse vi passava la via della
seta), perché è simbolo della presenza romana in quelle terre da cui,
secondo Omero avrebbero giunti i Veneti Antichi.
Acquedotto e terme
di Tyana, ora Kemerhisar.
Resti di epoca romana , in località
dove nacque Apollonio di Tyana (sapiente e filosofo) del I° sec. d.C.
e dove passa la strada che attraversava l'Anatolia e che fu usata
dai pellegrini per la Terrasanta.
La Basilica di San
Marco, a Venezia.
E' uno dei simboli del Veneto,
di Venezia, della Serenissima Repubblica e della cultura occidentale
cristiana. La sua architettuira, come tutta la città di Venezia, è
intrisa di elementi orientali mediati attraverso secoli di commerci,
di incontri e scontri con l'oriente. Qui diventa, nella ricerca di
assonanze architettoniche con la Moschea Blu di Istanbul, simbolo
di un possibile dialogo adriatico-mediterraneo tra culture con forti
identità, ma con altrettanto possibili potenzialità di dialogo in
nome del desiderio comune d'essere europei e di ricercare nella collaborazione
e nel rispetto, la pace e la prosperità.
La Moschea Blu
di Istanbul.
E' uno dei simboli oltre che della bellissima Istanbul,
di una unità territoriale che poggia le sue fondamenta su due continenti
(l'Europa e l'Asia), della Turchia antica e moderna, di quella Bisanzio
che fu Costantinopoli (la seconda Roma nell'antichità) e della cultura
musulmana più vicina all'Occidente. Lo slancio e l'eleganza dei suoi
minareti richiamano i nostri campanili e alcune soluzioni architettoniche
evocano armonie piacevoli per ogni cultura. La vicinanza e alcune
assonanze con la Basilica di San Marco vogliono evocare un possibile
dialogo tra culture con forti identità, da riconoscere e rispettare
reciprocamente, ma con possibili potenzialità di dialogo in nome del
desiderio comune d'essere europei e di ricercare nella collaborazione
e nel rispetto, la pace e la prosperità.
La visita ufficiale
della delegazione tecnica in Turchia, a Bartin
Dal 28 giugno 2002 al 4 luglio 2003 una delegazione
tecnica, che parte da Padova, visita la Paflafonia e Bartin in particolare.
Il gruppo è formato dal Direttore del Museo Archeologico di Padova,
da un ingegnere esperto di restauri, da u rappresentante della provincia,
da un'esperta della didattica della storia e dal promotore del progetto
Paflagonia.
Nei sette giorni di visita, oltre alla sempre cordialissima accoglienza
degli amici turchi, viene posta particolare attenzione al monumento
stradale di epoca romana che si trova sulla strada tra Bartin ed Amasra:
Kupskayasy
Il monumento viene individuato
come l'elemento di maggior interesse per un possibile restauro in
partnership tra la provincia di Padova e la Provincia di Bartin.
Vengono effettuate una prima serie di fotografie, vengono acquisiti
documenti storici in loco e viene visitato il museo di Amasra che
raccoglie le testimonianze archeologiche di tutta l'area.
La visita ufficiale
della delegazione turca in Italia
Dal 15 al 20 dicembre 2003 una delegazione di Bartin viene in Italia,
a Padova ed a Fontaniva per la firma del protocollo di intesa con
la Provincia di Padova.
Sono presenti alla firma per la provincia di Padova l'Assessore alla
cultura ed ai gemellaggi dott. Sebastiano Arcoraci, il Presidente
della Provincia di Padova dott. Vittorio Casarin, il Sidaco di Fontaniva
Luciana Bertoncello, il Sindaco di Borgoricco, il Prefetto di Bartin
Fatih Erilmaz, il Sindaco di Bartin Riza Yalcinkaia, gli onorevoli
parlamentari Cafer Tufan Yazicioglu, Mehmet Azim Kulak e Haci Ibrahim
Kubarik, rappresentanti del Rotary di Cittadella e di Bartin col suo
presidente Huseyn Bankoglu ed Halil Sami Karakas nonché le consorti.
Il protocollo viene firmato alla presenza di
circa 40 persone presso la sede della provincia di Padova, in Piazza
Antenore, proprio davanti alla mitica tomba del guerriero troiano
che secondo la leggenda avrebbe fondato Padova.
Momenti della visita della delegazione
turca a Padova (in basso: firma del protocollo di intesa) e sopra
a Venezia, Fontaniva e sul ponte degli alpini di Bassano del Grappa
Visita di contatto di un gruppo
di amicizia in Turchia
Dal 28 giugno al 5 luglio 2003 è stata realizzata
una ulteriore visita di amicizia a Bartin da parte di un gruppo di
padovani. Lo scopo era quello di tenere i contatti con gli amici della
Paflagonia e di definire alcuni aspetti organizzativi.
Durante la visita è stato effettuato un sopralluogo al monumento stradale
romano tra Bartin ed Amasra ed è stato realizzato, in collaborazione,
tra mani italiane e mani turche, il nuovo LOGO.
La pittura (metri 5x2 circa), è stata effettuata sempre su una parete
nei giardini di Bartin. Il risultato è stupendo, soprattutto quando
il sole illumina le immagini al tramonto.
Una cura particolare è stata posta poi nel fotografare, a scopo di
valorizzazione turistica, gli angolo più belli di Bartin e di Amasra.
In particolare, una gara fotografica tra gli italiani e gli amici
turchi, è stata effettuata nel cogliere le angolature più belle del
simbolo di Bartin cioè il suo scoglio\faraglione nella spiaggia di
Incomu. Altra documentazione fotografica è stata prodotta sugli aspetti
ambientali, sulle coste, sulle tradizionali tecniche di lavoro come
la trebbiatura.
Immagini di Bartin: lo scoglio simbolo
della città, le foreste del territorio.
Immagini di lavoro tradizionale: la
trebbiatura nei dintorni di Bartin. Sotto: alcune coste alte sul Mar
Nero e momenti di accoglienza del Sindaco di Bartin
Dal 28 giugno all'8 luglio 2003
si è svolta una visita turistico-culturale con centro di attenzione
l'antica Troia, nella provincia di Cannakkale. La visita aveva scopo
principalmente turistico, ma come sempre si è trasformata anche in
visita organizzativo-culturale.
Wilusa, Ilio, Troia: l'antica città
e la sua guerra cantata da Omero
(Una pagina di diario - L'incontro con l'archeologo prof. Manfred
Korfmann)
"Non era molto diverso da due anni prima.
Forse un po' più massiccio, ma sempre con quel sorriso aperto e cordiale
e quell'aria un po' da esploratore, da Indiana Jones, ma non più di
tanto. Una maglietta nera della Crysler che finanzia gli scavi; un
foulard volutamente casual al collo, ma così da creare una vaga aura
romantica; un paio di pantaloni larghi e chiari e gli scarponi, i
consumati scarponi di chi cammina tra pietre, polvere e terra arsa.
Alle sue spalle tanti vasi e contenitori di metallo con varie piante:
la collezione delle piante nominate da Omero nell'Iliade e ora coltivate
nuovamente nel campo archeologico.
Era Manfred Korfmann, l'erede negli scavi di Troia antica, di Schliemann,
di Dorpfeld, di Blegen.
Il primo scoprì Troia antica sulla collina di Hissarlik e rinvenne
il famoso "Tesoro di Priamo"; il secondo continuò con maggior
precisione scientifica il lavoro del primo; Blegen, negli anni trenta
del secolo scorso identificò una Troia distrutta da un incendio; Korfmann
nell'88 trovò tracce di una grande città culturalmente asiatica.
Difficile resistere alla curiosità…difficile
appariva anche rubare tempo a chi era impegnato a condurre una campagna
di scavo al comando di un gruppo di 30-40 persone di varie nazionalità.
Ma era poco dopo l'una e la fame bussava. Ci invitò (io e la brava
farmacista ed interprete Emel Ege, il suo nome significa Tramonto
sull'Egeo) nella grande baracca che fungeva da mensa e cucina. Ci
presentò cordialmente a tutti i suoi collaboratori con la naturalezza
di chi è abituato ad intrattenere ospiti da tutto il mondo. Si sedette
al nostro fianco e tra una chiacchiera e l'altra si mangiò: una minestra,
ayran, kebab e yogurt: cibo spartano in contenitori spartani, su tavole
spartane…meglio troiane a dire il vero. Il tutto durò non più di mezz'ora
e poi via, da bravi come si addice in un campo in cui tutti lavorano
e diventano simili, a svuotarsi gli avanzi ed a riporre le stoviglie,
separate, raggruppate per tipo in modo da rendere comodo il lavaggio.
Ci siamo seduti là fuori poi, su un tavolo, all'ombra, vicino ad un
nodoso ed enorme leccio a bere l'immancabile ciai, il te turco: ne
bevevamo, almeno sei-otto al giorno.
Buon Dio l'uomo parlava oltre al tedesco, il francese, l'inglese,
il turco, il latino ed il greco…ad un certo punto, già sentendomi
"piccolissimo" linguisticamente, capii che mi capiva anche
quando parlavo italiano…"-Eh sì- disse- la capisco abbastanza
attraverso il latino ed il francese"…era la dimostrazione pratica
del concetto di "lingue neolatine". Gli porsi alcuni articoli
del Corriere della Sera e di Repubblica sui suoi scavi e che lo riguardavano.
C'erano narrate le scoperte di John Kraft, geologo USA dell'Università
del Delaware, che aveva ricavato, dai suoi carotaggi nella piana di
Troia e sul corso del fiume Scamandro, un'altra conferma delle descrizioni
omeriche dell'Iliade. Quando racconta la battaglia al fiume Scamandro:
lo Scamandro "impetuoso" e "dai gorghi profondi"
e dalle rive alte dove a frotte cadono i troiani, non parlava del
placido fiumicello che scorre adesso, lento tra paludi bonificate.
Omero si riferisce di certo al vecchio Scamandro che sfociava in mare,
molto prima, tra gorghi e rapide. Dopo tre anni di carotaggi, Kraft
aveva già nel 1980, rivelato che all'epoca della famosa guerra, siamo
nel 1180 a.C. circa, la foce dello Scamandro era molto più arretrata
rispetto ad oggi e Troia dominava una baia di mare chiusa da uno stretto
promontorio.
Korfmann tentò di scorrere le parole del giornale, ma i suoi occhiali
impastati di polvere ed impronte davano nebbia. Chiese scusa e si
alzò avvicinandosi ad un rubinetto vicino alla base di quel leccio
che certo per la sua età doveva aver visto anche gli scavi di Schliemann.
Fece scorrere l'acqua e lavò le lenti, le asciugò, inforcò gli occhiali
,guardò il cielo e sorrise soddisfatto di vedere bene tutto quell'abbondante
azzurro. Riprese l'operazione interrotta, scorse con occhio curioso
e sornione le pagine dei giornali…sorrise quando incontrò un nome:
Kolb e lo pronunciò con la sua bella grana di voce e con quell'inconfondibile
accento tedesco"…ah Kolb". Io lanciai una piccola insinuazione…"Professore,
non si adombri, in fondo un Kolb così forse lo vorremmo tutti in qualche
momento. Un buon "nemico" che fa parlare del nostro lavoro
e lo mette in luce può essere anche un alleato. Kolb avrà certo non
ragione e le sue critiche infondate e forse non capisce niente di
archeologia e forse ancora pretenderebbe assurdamente che fosse scavata
tutta la piana per darle ragione circa la sua tesi, ma una polemica
così è una manna per i giornali e gli organi dinformazione e …e quindi
anche per poprtare al centro dell'attenzione il suo lavoro".
Frank Kolb, docente di storia antica, ha incrociato Korfmann durante
un dibattito pubblico, in Germania, durante il periodo nel quale la
mostra itinerante "Troia. Sogno e realtà" girava tra Stoccarda
e Bonn. "Korfmann sta soltanto ingannando l'opinione pubblica"
afferma Kolb. Questi infatti non è per niente d'accordo sul fatto
che, come sostiene Korfmann attraverso le sue recenti scoperte, Troia
non fosse già poco più di un' acropoli, come più o meno si vede ora,
ma una vasta città asiatica di 10.000 abitanti e con un fossato muraglia
lungo oltre tre chilometri: in tutto farebbero circa 270 ettari tra
acropoli e città bassa che si estendeva, con i suoi numerosi edifici,
ai piedi dell'acropoli.
La cosa venne fuori nel dialogo, davanti al
ciai, vicino al vecchio leccio. I giovani archeologi intanto si erano
sparsi chi negli scavi, chi dietro una costruzione che si opponeva
alla nostra vista. Non resistetti alla curiosità e lanciai la domanda:
"Professor Korfmann, ma questo fossato c'è davvero, ma Troia
era veramente così vasta, ma questa polemica con Kolb ha ragion d'essere,
ma…"mi fermai e lasciai che l'amica Emel, col suo modo affabile
e gentile traducesse…ma lui aveva già capito per via del latino e
del francese che abbiamo detto.
Fu sollecitato dalla domanda e reagì. Mi accorsi che avevo toccato
una corda sensibile. Intanto avevamo finito di sorseggiare il nostro
ciai tanninico. L'attenzione del professore fu attirata da un suo
collaboratore che segnalò l'arrivo di importanti ospiti. Capii che
erano degli sponsor. Avevano finanziato la fusione di una grande lastra
di bronzo che sarebbe stata applicata su un enorme parallelepipedo
di granito chiaro, alto e profondo più di un metro e largo almeno
tre metri. La lastra aveva fusi in rilievo i nomi di tutti gli sponsor
che nella storia avevano contribuito alla salvaguardia della città
di Troia. Lessi con sorpresa, sotto il cartone che la ricopriva, i
primi nomi, erano Serse, Alessandro Magno, Adriano e via via fino
a Schliemann e alla Crysler americana che stava finanziando l'equipe
del professore.
Con l'arrivo di quegli ospiti stava sfumando
la nostra occasione. Avevo l'intenzione di chiedergli di vedere quel
fossato di tre chilometri che costituiva una delle sue più importanti
scoperte. Korfmann parlottò con gli ospiti e poi ritornò da noi. Mi
aspettavo un suo gentile commiato ed invece ci invitò a seguirlo.
Ci accompagnò dietro le basse costruzioni dietro le quali avevo visto
scomparire i suoi collaboratori. Io ed Emel lo seguimmo là dietro…ah,
c'era in parte quello che mi aspettavo: lunghi tavoli posti su cavalletti
tutti pieni di cocci. Alcuni collaboratori del professore erano là
intenti ad abbinare pezzi di vasellame come in un puzzle. Seguimmo
la sagoma possente davanti a noi ed entrammo in un laboratorio. Con
due occhiate fu quasi tutto chiaro. Eravamo nella sancta santorum
degli scavi. Ricordo che mi fece piacere vedere una targa incorniciata
appesa ad un pilastro al centro dello stanzone: era la targa del progetto"Paflagonia"
che avevamo regalato al professore due anni prima, quando, circondati
da un nugolo di giornalisti e fotografi i nostri 5 ciclisti erano
arrivati fino agli scavi dell'acropoli.
Il professore ci mostrò un puzzle di foto che assomigliavano ad una
radiografia e che rappresentavano strutture sotterranee. Non avevo
mai visto una mappa fotografica così. Mi spiegò che era proprio una
sorta di radiografia di tutta l'area attorno alla Troia già scavata.
C'erano strutture murarie, vani, lineazioni, quadrati e rettangoli
che sembravano indicare quartieri, strade…una specie di nostra Pompei
rasa al suolo. Rimasi impressionato. Chiesi del fossato perimetrale.
Korfmann me lo indicò chiaramente. Si snodava in modo circolare tagliando
e delimitando una parte delle rovine sotterranee. Chiesi come era
stata ricavata quella specie di radiografia. Era il risultato di un
lavoro immane durato 15 anni circa. Era consistito nel "picchettare"
con sonde elettromagnetiche, poste a circa 20 cm l'una dall'altra,
tutte le degradanti pendici delle colline attorno alla parte già scavata
di Troia. Attraverso appositi macchinari era poi stata ricavata quell'immagine
del sottosuolo: il tutto senza scavare, ma a quanto capii con dei
saggi localizzati di scavo a scopo di verifica.
La curiosità si era fatta strada e credo comunicai
a fior di pelle la mia curiosità di vedere quel fossato, almeno qualche
sezione già scavata.
Korfmann capì. Con sorpresa di Emel e mia, si diresse a prendere un
furgone mentre io cercavo concitatamente di ritrovare Emiliana, mia
moglie e la sua amica Cristina, che in attesa si erano dirette a visitare
gli scavi. In qualche modo riuscii a farle arrivare verso l'entrata
prima che il professore partisse con il suo furgone, con noi dentro,
verso una stradina tra le erbe secche e la terra riarsa della collina.
Eravamo là sopra: noi quattro ed il professore. Mi ricordo che al
muoversi del furgone che ogni tanto si spegneva, vidi un serpente
scappare dal bordo della strada. Percorremmo qualche bel centinaio
di metri in mezzo agli ulivi traballando paurosamente sui sedili.
Korfmann alla guida scrutava il terreno per trovare il percorso migliore
per arrivare non so dove.
E arrivammo. Spento il motore ci avvicinammo ad uno scavo al limitare
di una recinzione. Era una sezione, un tratto di una specie di fossato
con una specie di muraglia. A lato altri scavi. Eravamo dove avevano
compiuto un saggio di verifica rispetto alla rappresentazione grafico-fotografica
delle rovine che avevamo visto presso il laboratorio.
La curiosità era appagata. Chiedemmo
spiegazioni ulteriori. Il professore fu molto gentile. Seguirono le
immancabili foto a suggellare un bel momento fatto di storia, archeologia,
cultura, curiosità e disponibilità umana."
Sopralluogo negli scavi di Troia con
il Prof. M. Korfmann
Foto aerea della collina di Hissrlik e della pianura circostante agli
scavi di Troia (foto da: Troia-Sogno e realtà- Ed. Theisss
Una nuova ipotesi
Mettendo in relazione il progetto Paflagonia
con i suoi fondamenti letterari, storiografici e culturali, è nata
l'idea di cogliere questa occasione di contatto tra genti di nazioni
diverse e che si sono conosciute con tale progetto per allargarne
il respiro.
Perché, in nome di Omero e della sua epica, non far diventare l'antica
Troia il centro di un revival, non di scontro tra popoli come fu nella
notissima guerra, ma invece un incontro tra popoli.
La centratura dell'attenzione su Troia la farebbe diventare, come
fu un tempo, allora in negativo e ora invece al contrario in positivo,
l'occasione di incontro tra popoli affacciati sul Mediterraneo: partiamo
con i contatti tra Italia e Turchia a cui si potrebbero aggiungere
altre nazioni del Mediterraneo. In fondo Troia al tempo della sua
guerra epica era una città con un'egemonia limitata come lo erano
le città greche con cui si scontrò. Quella fu una guerra tra una costellazione
di città e popoli che accorsero nell'uno e nell'altro campo. Ora,
in tempi storici enormemente diversi, ma a fronte di un essere umano
sempre pronto a ingaggiar battaglia in nome di interessi economici,
commerciali, religiosi, culturali, perché non far
divenire Troia simbolo di incontro anziché di scontro?
Siamo in una fase storica in cui si sta costruendo l'Europa dei popoli,
delle genti e delle nazioni? Perché il mediterraneo, dopo le sue mille
battaglie per terra e per acqua, dopo Lepanto, non può coltivare il
sogno di un'unione virtuosa tra le sue sponde e con l'Europa continentale?
Ciò che un tempo fu limite non può divenire risorsa? Alla
coltivazione della divisione non può
succedere la coltivazione della condivisione?
Il libro: Troia: sogno e realtà A destra:
la distribuzione della popolazione europea in base alle parentele
genetiche.
Omero
L'idea iniziale
I "nostoi" sono i viaggi di ritorno
degli eroi dalla
guerra di Troia verso le loro terre o verso altre terre.Perché non
far tornare simbolicamente gli antichi eroi e navigatori a Troia.
Perché non far tornare Antenore ed Enea e poi gli eroi
delle varie città greche e tutti quelli dei miti e delle leggende…Troia
diverrebbe un simbolo di incontro: daluogo di scontro di
tremila anni fa a luogo diincontro oggi! Padova e Roma con Antenore
edEnea potrebbero aprire questi viaggi di ritorno nel tempo…non c'è
più Omero, non c'è più Virgilio a raccontare epiche vicende, ma c'è
il loro enorme patrimonio culturale e letterario che, conosciuto e
studiato in tutto l'occidente, ha il potere della cultura condivisa
che è collante perché possibilità di dialogo, perché narrazione di
vicende comuni e quindi costruzione di identità comune. In fondo i
confini tra le nazioni hanno ragioni storiche e culturali, ma ogni
nazione ha in sé tante altre nazioni, culture, etnie che convivono.
L'Europa dei popoli edelle nazioni ha bisogno, può e sa cercare riferimenti
culturali che possono essere diversi da quelli finora praticati. Può
cercare nella sua storia i contatti che ha creato e
trasformare anche contatti-scontri in contatti-incontri.
L'uomo come ha scritto una storia in negativo: la storia delle divisioni,
dello scontro con la diversità, può riscrivere anche la sua nuova
storia rivisitando il suo passato e cogliendo l'occasione di questo
tempo in cui c'è una tensione eccezionale verso l'unione, per crearsi
i suoi nuovi simboli sempre partendo da ciò che è condiviso, conosciuto…la
sua storia e in questa anche Troia con il fascino di tremila anni
di narrazione e condivisione.
Le possibili occasioni
A
Troia ogni anno si fa un festival rievocativo. Da giugno a settembre
a Troia e da 15 anni, un'equipe internazionale scava per aggiungere
informazioni a quanto si sa già di questa città. Troia si affaccia
all'imboccatura dello stretto dei Dardanelli: quel braccio di mare
checon il Bosforo ha sempre diviso un pezzo d'Asia dall'Europa. Superando
quello stretto e forse aggirando più scomodamente l'enorme Mar Nero
(il mare della pace), gli agricoltori primitivi del neolitico hanno
diffuso l'agricoltura in Europa: Da quello stretto o da quel passaggio
(un'ipotesi fa pensare che lo stretto possa essersi formato in seguito
ad un forte cataclisma…la faglia anatolica passa proprio per i Dardanelli
ed Istanbul può essere a rischio terremoto dopo quello disastroso
diAdapazari di qualche anno fa), ancora prima deve essere passato
il primo nucleo di uomini primitivi provenienti dall'Africa Orientale.
Immagine dello stretto del Bosforo
e dei Dardanelli-Dal Satellite-Tratto da Troia: sogno e realtà. Ed.
Theiss
Perché non tornare
simbolicamente, per mare, dalle varie terre verso Troia?
Un gruppo di intellettuali turchi, da due anni,
nell'isola di Bozkada, ex Tenedos, davanti a Troia recita l'Iliade
al sorgere ed al tramontare del sole, un giorno nel mese di agosto.
Si recita l'Iliade in varie lingue e a cura di gente di varie nazionalità.
Un simbolo in fondo…un modo simbolico di incontrarsi in nome della
cultura che può dividere, ma che può unire come in questo bell'esempio.
Ugo Silvello, nov.2003
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